“ SOLA ”
da
“Causa n. 3” di AMY LOWELL
e
“Il Bell’Indifferente” di JEAN COCTEAU
Produzione: Il Vello d’oro – Bari
Regia: LINO DE VENUTO
2006
Amy Lowell (1874 – 1925): poetessa statunitense, avida lettrice dei poeti francesi, saggista, traduttrice, conferenziera, polemica discepola di Ezra Pound, infaticabile divulgatrice del movimento “imagista” che privilegia l’immagine-scultura alla musicalità e rivendica il verso libero, un linguaggio semplice, scarno ed essenziale, vicino alla prosa del mondo. Protagonisti dei suoi “quadri scritti” sono i maledetti della vita con le loro storie di violenza e solitudine, dipinte con precisione ipearrealista, storie che esprimono il suo desiderio di espressione drammatica ed avvicinano la sua poesia al teatro.
Jean Cocteau(1889- 1963): romanziere francese, drammaturgo, designer, regista, attore, ma soprattutto, come amava defirsi, ”poeta”. Uno dei personaggi più rappresentativi degli anni ’50, assiduo frequentatore dei salotti più esclusivi di Parigi, amico di Picasso, Matisse, Apollinaire, Stravinski, Satie, Diaghilev. Alla base della sua polimorfa produzione e di ogni espressione artistica, c’è la poesia, definita da egli stesso “una religione senza speranza”.
Lowell: sgraziata nella sua figura deforme, refrattaria ad ogni specchio, volto di porcellana, sguardo da eterna bianbina, accanita fumatrice di sigari. Lesbica: l’amore della sua vita fu l’attrice Ada Russel.
Cocteau: ricercato, elegante, aria da “principe frivolo”, con una pettinatura alta ed anticonvenzionale. Dedito all’oppio, da cui fu costretto a disintossicarsi. Chiacchierata la sua relazione con il giovanissimo scrittore in erba, Raymond Radiguet.
Due “poeti” con vocazione teatrale, profondamente diversi. A farli incontrare sulla scena ci pensa l’ Associazione Culturale “il Vello d’Oro” mettendo insieme due piece legate dal filo rosso della solitudine che induce entrambe le protagoniste ad un gesto estremo. La regia coglie le atmosfere, asseconda stati d’animo e situazioni, marca i forti contrasti e le similitudini con una attenzione particolare al silenzio coatto e alle alterazioni esistenziali che genera nelle due donne: ciascuna di esse non è non single per scelta, è SOLA in compagnia (?) di un uomo, fantoccio invisibile o solo fisicamente visibile che sia. Uomini-ombre, presenza-assenza che si fa gelo.
Gelo che scende nei corpi e nelle anime, tanto nella rarefatta pace dell’alta e innevata montagna, quanto nel clamore metropolitano, convulso e pregno di rumori, odori, colori, di insegne luminose e tentazioni. In ogni caso troppa solitudine, troppo silenzio, che in una piece “aleggia, fissa, spia, bisbiglia, turbina nelle orecchie”, nell’altro si irrigidisce in una forma fisica irritante e “indifferente”. In entrambi i casi un silenzio che inquieta. E che uccide.
Lino De Venuto