Padretirannus

Padretirannus“PADRETIRANNUS”
da Lettera al padre di FRANZ KAFKA
e
Edipus di GIOVANNI TESTORI
Produzione: Altair – Bari
Regia: LINO DE VENUTO (Attore)
Personaggi: Kafka – Edipus
2007

 

 

 

Sul delicato argomento, due spunti di riflessione: la “Lettera al padre” di Franz Kafka e un passaggio significativo dell’”Edipus” di Giovanni Testori. Elemento comune alle due pièces, la tirannide paterna, con esiti diametralmente opposti.

Nella lunga lettera al padre (mai spedita e pubblicata post-mortem) scritta nel 1919 all’età di 36 anni, Kafka, fra un’allucinazione notturna ed una emicrania, prende carta, penna e calamaio e vuota il sacco; rivolge appunto al padretiranno, con toni pacati ma fermi e duri, accuse di intolleranza ed autoritarismo che hanno rafforzato pesantemente in lui un senso di inadeguatezza che lo scrittore, sincero anche con se stesso, non esita a rivelare. Il tono della lettera è chiaro, lucido, caratteristico degli scritti letterari ed è pervaso da rimpianto, amarezza e vago desiderio di riconciliazione; in realtà è una autoconfessione dettata anche dall’esigenza di far luce dentro di sé ed evidenzia non solo la difficoltà dello scrittore di comunicare con il padre ma anche quella, forse più dolorosa, di non riuscire a rendersene indipendente. La sua personalità risulta devastata: paura, sentimento di colpa e di inferiorità e desiderio di fuga, lo accompagneranno per tutta la vita. A dispetto del tempo e al di là delle responsabilità individuali (esiste in risposta una “lettera al figlio”), lo scritto resta una accorata e preziosa testimonianza. Ad accompagnare la messa in scena, alcuni disegni dello scrittore praghese.

La seconda parte è stralciata, forse meglio stracciata, dall’Edipus di Testori, una rivisitazione del classico Edipo Re di Sofocle. Al centro della scalcagnata rappresentazione in uno scalcagnato teatrino di provincia, la simulazione dell’incontro dell’Attore/Edipus con il suo Attore/ReLaio, che lo ha abbandonato per qualche soldo in più: qui la tirannia paterna travalica le mura perimetrali domestiche, invade il Regno e si istituzionalizza come POTERE con tutte le sue devianze e mistificazioni. Se Kafka non risolve il complesso con l’autorità paterna, Edipus non esita: castra/uccide il padretirannus Laio e lancia un appello per bocca del dio Dionisus, “alla popolazzion de pegore e de agnelli”, affinchè si liberi da ogni forma di tirannide. La drammaturgia è di rottura, sostenuta da un impasto verbale di neologismi, di dialetto lombardo, di parole colte e di gergo metropolitano, di latino, francese, spagnolo, di citazioni, di incredibili invenzioni linguistiche: una lingua viscerale, fatta di carne e di sangue, con la parola-parlata, che spacca e va oltre, forte e ruvida, metafisica e stracciona, sempre oscillante tra bestemmia e preghiera.

Due proposte sul padretirannus, diversissime per stile: realistico, scarno e classicamente epistolare quello di Kafka; poetico e cialtrone, irriverente ai limiti del dicibile e teatralissimo, quello di Testori.

Lo spettacolo non ha alcun riferimento alla mia persona: mio padre, al contrario, è stato, è, padre optimus!

Lino De Venuto

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