Migranti

migranti” MIGRANTI ”
Storie di viaggi di sola andata

Sirene
(Cercavano un posto nel mondo dove vivere)
di
CARLO CIPPARONE

Anche oggi mangio sabbia
di
GIUSEPPE GOFFREDO

Produzione: Festival a testa in Sud 2011
Chitarra: Domenico Lopez
Voce recitante
2011

 

SIRENE

SIRENE è la storia di un viaggio dall’Africa, da un piccolo porticciolo del Marocco, a Lampedusa.
Uomini, donne, giovani, bambini. Tra di loro, ci sono Najat Kladhimin, una ragazza di vent’anni, e le sue compagne.
Ognuno di questi migranti potrebbe raccontare storie di Aids, di violenza subita, di miseria. Ma tutti tacciono.
I poveri Cristi sono ammassati nella barca come in una scatola di sardine e ciascuno di loro, per raggiungere l’Europa, ha sborsato migliaia di euro a testa.
Per quattro giorni, fila tutto liscio, poi arriva la temuta tempesta, con fortissime raffiche di vento e intensi rovesci di pioggia. Raggomitolati, pigiati stretti, sono in molti a urlare, a piangere, a vomitare, a disperarsi.
La piroga cede a un’onda più forte; si capovolge e riversa il suo carico umano in mare. Najat sviene ma viene soccorsa mentre le sue compagne muoiono affogate nei pressi dell’isola.
Lampedusa. Najat, che giace su un lettino da campo, ricorda un curioso sogno: il vecchio poeta Ibo entra nei suoi sonni e racconta le storie delle Mami Wata, cioè le vicende delle migranti che si trasformano nelle nere sirene della mitologia africana. Najat ogni notte attende di addormentarsi e di vedere le sue quattro compagne trasformarsi in bellissime Mami Wata.

Lino De Venuto

ANCHE OGGI MANGIO SABBIA

Tutum – Tutum – Tutum… E’ il rumore tipico di un treno su cui viaggia un giovane del Sud alla ricerca di un lavoro: militare in Afghanistan.
Dopo il treno, il volo per Herat, per mangiare ogni giorno sabbia e pericolo, quando avresti preferito lavorare a casa, avere un posto, un mestiere, un impiego, tutto fuorchè andartene a casa del diavolo, a guadagnarti da vivere.
Eroi.
Di che? Per chi? Per cosa?
E lì, ti devi salvare la pelle. Devi sparare!
Tututùmm – tututùmm – tututùmm…
Vuoi tornare fra i tuoi ulivi? Vuoi sposarti con la tua fidanzata?
Devi sparare. Se ti ammazzano, sei finito. Un sacco di plastica, un bel funerale di Stato e a casa, nel tuo paesello, a ingrassare le melanzane.
La colonna procede lenta fra le gole delle montagne. Nel Lince non si respira. Si sentono rumori di Kalashnikov.
Sudo freddo e brucio dal caldo.
Un boato. Il Lince sventrato. Il corpo di Francesco sbrindellato. E il ricordo confuso di Laura che mi ripete:”Presto passerà tutto e saremo ancora riuniti in quella piccola casa di tufi e di calce, al nostro paese”.

Lino De Venuto

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